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PATRIE
SMARRITE, DI CORRADO STAJANO
LUCI ED OMBRE
di Angelo Fortuna
Abbandonando la sua abitazione cremonese, il 5 febbraio 1999, Corrado Stajano
pronuncia queste parole con cui si conclude il suo saggio-racconto Patrie
smarrite (Garzanti, Milano, 2001): Mi sembra di non avere sentimenti.
So soltanto che non appartengo neppure a questa comunità. Qual
è laltra comunità cittadina sottintesa in questa dichiarazione?
Ebbene, è quella da cui si allontanò il 18 settembre 1998, ripetendo
i versi di Ibn Hamdis, grande poeta arabo-netino: Oh custodisca Iddio
una casa in Noto, e fluiscano su di lei rigonfie nuvole!.
E proprio la capitale del barocco con cui da sempre intrattiene un rapporto
di amore-odio.
Il volume consta di due sezioni ben distinte: Il Val di Noto e Il Feudo nero.
La seconda è uninvettiva contro Roberto Farinacci, il bellicoso
segretario del partito fascista italiano, oltranzista straccione e volgare.
Stajano, netino per parte di padre, ufficiale dellesercito italiano, e
cremonese per parte di madre, parla nella prima sezione del suo recente viaggio
effettuato a Noto dal 29 agosto al 19 settembre 1998.
Trovandosi al Caffè Sicilia, osserva con attenzione un inglese con moglie
e figli, esitante tra una granita di limone ed un sorbetto di mandorla e cannella:
Forse - si chiede è il figlio di uno di quei soldati che
arrivarono qui dal mare il 10 luglio 1943?
Si precisano in tal modo le ragioni principali del suo ritorno a Noto: da un
lato, la vendita di alcuni appezzamenti di terra sul monte Finocchito, dallaltro,
la descrizione dello sbarco alleato di quasi sessantanni fa. Sullo sfondo
il suo rapporto conflittuale con la patria siciliana, determinato da tanti
nodi irrisolti della coscienza e della vita."
E sintomatico che, entrando in città, eviti accuratamente di posare
lo sguardo sulle meraviglie barocche, i capricci di pietra, i palazzi,
le scalinate a ridosso dei balconi.
Questo calcolato distacco gli consente di flagellare modelli culturali del Sud
da tempo scomparsi, ma che egli ritiene invece vivi e vegeti, forse perché,
vivendo lontano dalla Sicilia, pensa che tutto sia rimasto fermo a 50 anni fa.
Le immagini funeree in riferimento alla capitale del barocco si sprecano sia
quando denuncia, e gliene siamo grati, il saccheggio della zona costiera, sia
quando parla del dissesto del Giardino di pietra: Adesso la
città è ridotta ad un malinconico cantiere, i puntelli e le armature
la ingabbiano, sia ancora quando sottolinea la presunta irrazionalità
con gli angioloni delle chiese barocche, i cornicioni, i fregi, i capitelli,
i ghiribizzi delle facciate e la cenere dorata dei palazzi sgretolati che fanno
da scenografia ad un mondo dissennato.
Annichilisce, poi, quando descrive la passività, la stanchezza,
il fastidio per chi fa, loblomovismo dei cittadini di Noto,
limmobilismo
ed il nonsipuotismo.
Cè del vero in queste parole, eccome! Ma il pessimismo cupo che
le pervade non è certo una medicina per quei netini che cercano con ogni
mezzo di esorcizzare lemergenza. Decisamente lugubre è quando Noto
gli appare come un organismo stremato che si sta dissolvendo, una città
dove solo la morte è madre.
Chiusi in tal modo i conti con quella che un tempo fu urbs ingeniosa,
Stajano passa ad assestare colpi, generalizzando, alla nobiltà, alla
borghesia e alla Chiesa, che hanno esercitato larte del potere clientelare,
ma non hanno saputo creare regole per tenere in vita una comunità moribonda.
Sospettando contiguità oggi inesistenti tra nobiltà e Chiesa,
egli afferma: Cardinali e vescovi escono dalle stesse famiglie,
quelle nobiliari cioè. In verità nessun cardinale e nessun vescovo
è mai uscito, almeno dalk Settecento ad oggi, da alcuna famiglia netina,
nobile o borghese che sia, se si eccettua, nel secolo scorso, il vescovo benemerito,
nato a Noto, ma che esercitò il suo ministero episcopale a Tivoli, vicino
Roma, Guglielmo Giaquinta (1914-1994), il cui padre era un agente di custodia.
Fuori della realtà appare anche quando attacca il Progetto Noto, sorto
per iniziativa del compianto sindaco Passarello negli anni 80. Quella che era
una semplice ipotesi di sviluppo della città, elaborata da tecnici e
persone di buona volontà, entusiasti di dare un contributo alla rinascita
della città, a prescindere da collocazioni partitiche ed aperta a tutte
le possibili integrazioni, diventa per lui un losco affare: Grandi gruppi
industriali costituiscono consorzi collegati anche ad interessi locali, soprattutto
clericali, propongono grandi progetti, fanno approvare leggi sociali.
Cè da trasecolare, ma non si riesce proprio a capire a quali inesistenti
leggi speciali e a quali interessi clericali si riferisca. Per la verità,
la Chiesa di Noto, una delle più belle realtà postconciliari dItalia,
oggi annuncia il Vangelo e la salvezza a partire dagli ultimi. Non è
imperdonabile che Stajano non lo sappia: ognuno fa le sue scelte nel campo del
sapere. E grave che egli parli di cose che non conosce, magari basandosi
su informazioni non controllate ed inesatte, come quando, ad es., attribuisce
ad una fantomatica Lista verde lo smascheramento dei presunti imbroglioni del
Progetto Noto e la salvaguardia delloasi di Vendicari dalla speculazione.
Con buona pace di chi per essa, come lEnte Fauna ed altre aggregazioni
di cittadini, si è realmente battuto in prima fila.
Ecco perché a queste pagine in cui sembra prevalere il pregiudizio, noi
preferiamo quelle in cui confessa il forzoso fatale legame con la
patria siciliana, terra ripudiata ma amata. Allorché descrive
da par suo il fascino di Noto, passa quasi inosservata la sua ossessione per
la città morente: Come non esser presi, in quel mondo
delleccesso, dalla passione, dallintensità dei sentimenti,
dalla natura rimasta, in qualche anfratto, di irripetibile bellezza. E
poi: Restavo ammaliato davanti a ogni monumento, ma capivo che in una
simile città è impossibile separare luno dallaltro
i monumenti darte perché è la città il monumento,
con le sue strade diritte e parallele, rotte da piazzette che spuntano improvvise
e da scalinate grandiose che fondono tra loro gli spazi dei palazzi e dei conventi.
Un incantesimo. Una visione sublime.
Rimaniamo commossi dinanzi a tale acuta descrizione della particolare bellezza
di Noto.
Se egli tornasse più spesso in questo angolo sud-orientale siciliano
e verificasse di persona il fervore dei cantieri di lavoro e la progressiva
liberazione dei monumenti dalle ingabbiature, oltre a sentirsi in sintonia,
ciò che gli fa onore, con i giovani, donne, preti, piccoli maestri
di scuola, magistrati coraggiosi, prenderebbe più a cuore la sua
patria netina che non di invettive, a volte fuori misura, ha bisogno, ma di
incoraggiamento per uscire definitivamente dallemergenza.
Angelo Fortuna
Immaginiamo di seguire i Reali di Napoli durante le frequenti visite a Noto,
allora il capoluogo della provincia più a sud del Regno, e di visitare
i luoghi del loro soggiorno. Entrando a Noto attraverso il neociassico arco
Ferdinandeo, edificato nel 1834 in occasione della prima visita di Ferdinando
II di Borbone, e seguendo via Ferdinandea, oggi corso Vittorio Emanuele, si
arriva a palazzo Sant'Alfano
dove venivano ospitati i sovrani delle Due Sicilie. Posto alla sinistra del
Duomo, nella scenografica piazza Senatoria, questo palazzo dei marchesi Landolina
di Sant'Alfano, barocco come tutta la città,veniva anche chiamato 1a
piccola reggia di Noto", sia perché richiamava lo stile del palazzo
Reale di Napoli, sia perché ospitava i Reali. Infatti, un'ala, detta
1e stanze del Re", lussuosamente ed artisticamente arredata, veniva
riservata solamente ai Sovrani.
Deliziosi il cortile interno, con il giardino di agrumi e gelsomini, e la fontanella
in fondo al romantico vialetto che ne chiude la prospettiva.
Continuando questo ideale itinerario Borbonico, giungiamo, mediante via Cavour
già via di Montevergine, a palazzo Trigona dei marchesi di Canicarao
e Dainamare. In questa dimora, l'unica con nove grandi panciuti balconi barocchi
sul prospetto, troneggiano tre grandi aquile aragonesi in pietra, a memoria
delle origini regali della famiglia.
Magnifica anche la facciata interna affiancata da terrazze, degradanti fino
ai piani più bassi, che delimitano il grande cortile. Nei sontuosi saloni,
mirabilmente decorati ed arredati, venivano organizzati i balli in onore della
Regina di Napoli a cui partecipava tutta l'aristocrazia netina, con gran sfavillio
di abiti e gioielli.
Quasi di fronte al palazzo Trigona, sempre in via Cavour, troviamo un altro
edificio barocco, anch'esso meta di visite reali: l'imponente palazzo Astuto
dei baroni di Fargione. Questo palazzo, che si articola su tre piani, presenta
sette grandi panciuti balconi simmetrici sul prospetto. Le numerose sale, alcune
pregevolmente decorate, ruotano intorno ad un incantevole giardino pensile,
così descritto dalla scrittrice
principessa Vittoria Alliata di Viliafranca: "un luogo d'incontro così
fragrante e delizioso esiste nel mondo intero solo a Noto ed Aleppo, la grande
capitale sulla via della seta".
Sul
finire del 1700, nell'ala est dei palazzo era ubicato il Museo Astuziano, creato
dal barone Antonino, grande archeologo e numismatico. Nelle sale di questo silenzioso
Museo, il più a sud d'Europa, si poteva spesso incontrare Re Ferdinando
II, attratto dalla ricchezza dei numerosì reperti archeologici e dal
medagliere a cui era interessato anche Re Ludovico I di Baviera, altro illustre
frequentatore del Museo netino. Oggi resta ben poco di tutto questo. Palazzo
Sant'Alfano, donato al vescovo di Noto dall'ultima marchesa Landolina, versa
in stato di abbandono ed in perenne attesa di restauro.
Un'ala di palazzo Trigona è gelosamente custodita, quale abitazione,
dall'ultima marchesa di Canicarao. Il resto, proprietà dei Comune, è
già in parte restaurato e viene utilizzato per conferenze, mostre, convegni.
A restauro ultimato diverrà anche sede dell'istituto Internazionale di
Scienze Criminali. Di palazzo Astuto, oggi sede dei prestigioso Circolo Val
di Noto", venduto purtroppo frammentariamente, rimangono ben conservati
solo alcune sale ed il giardino pensile. Si tenta di perpetuare i fasti dei
passato con feste, ricevimenti e conferenze ad alto livello.
Salvatore De
Jean
Nella
foto in alto PALAZZO SANT'ALFANO
In basso SALA DEGLI SPECCHI di PALAZZO NICOLACI
Autori Vari, Perle di Sicilia - Avola Modica Noto Ragusa Scicli
, 1998, 8°, pp. 176, ill., € 11,00
( In caso di acquisto,specificare se si desidera testo in italiano, inglese,
francese o tedesco). Acquista
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